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Rapporto sulla politica di bilancio 2025

Il Rapporto sulla politica di bilancio dell’Ufficio parlamentare di bilancio, che è stato presentato, stride con la narrazione propagandistica del governo Meloni. Dietro gli annunci trionfalistici, i dati raccontano un’altra storia: quella di un Paese in grande difficoltà, in cui i lavoratori continuano a pagare il prezzo più alto.

La riforma dell’Irpef, che avrebbe dovuto alleggerire il carico fiscale, si sta rivelando per molti una beffa. Secondo l’UPB, a causa dell’inflazione e dell’inasprimento del fiscal drag, i lavoratori dipendenti verseranno 370 milioni di euro in più rispetto al sistema vigente nel 2022. È il paradosso di questa destra: con una mano promette di tagliare il cuneo fiscale, con l’altra si riprende tutto, erodendo i salari e indebolendo i consumi. Un sistema che, invece di sostenere il potere d’acquisto, lo svuota, in un momento in cui la crescita è già fragile.

Il quadro che emerge è infatti quello di un’economia rallentata. L’espansione moderata dell’attività economica sembra aver esaurito la spinta post-pandemica e le potenzialità di crescita appaiono modeste, a causa di fattori demografici sfavorevoli e di una produttività stagnante.

Anche sul fronte del PNRR, i segnali sono preoccupanti. A oggi, secondo i dati, è stato speso meno di un terzo delle risorse disponibili, con una forte concentrazione degli investimenti nella parte finale del Piano. Questo significa che la crescita attesa per il 2026 potrebbe slittare, e con essa la possibilità di imprimere un’accelerazione al sistema Paese.

In riferimento alle politiche di adattamento climatico, secondo l’UPB potrebbero ridurre di cinque volte l’impatto sulla finanza pubblica degli eventi climatici estremi, ma a patto di adottare politiche comuni europee per la neutralità carbonica entro il 2050. Anche qui, però, siamo ancora in attesa di un’assunzione di responsabilità da parte dell’esecutivo.

Sul piano fiscale, infine, il grande assente resta il contrasto all’evasione. L’Italia continua a registrare uno dei tassi più alti in Europa, nonostante le parole d’ordine sul rigore. L’UPB chiede una azione decisa, ma il governo continua a preferire condoni, sanatorie e scorciatoie, lasciando il peso del bilancio pubblico sulle spalle dei contribuenti onesti.

La destra il governo dovrebbe prendere atto che al momento non esiste nessun rilancio del paese e che senza un cambio di passo il rischio sia quello di una stagnazione prolungata. Non è più tempo di annunci: servono scelte politiche chiare, trasparenza nell’attuazione e una governance capace.

Come Partito Democratico noi continueremo a batterci nelle aule parlamentari e nel Paese per promuovere una politica fiscale equa, per una piena attuazione del PNRR e per un sistema economico che rimetta al centra la dignità dei lavoratori e la loro tutela, a partire dal tema dei salari, e chi produce e contribuisce ogni giorno alla crescita del Paese.

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PNRR: da rivedere il 48% del Piano

Oggi il Sole 24 Ore fotografa una situazione preoccupante: nel silenzio generale il governo sta riscrivendo 170 target del PNRR, quasi la metà dei 351 mancanti. Le modifiche riguardano in particolare le grandi opere ferroviari, gli investimenti in sanità, le politiche per il Mezzogiorno, la rigenerazione urbana, la digitalizzazione e transizione 5.0.

Una riscrittura che arriva tardi, a pochi mesi dalla scadenza naturale del Piano (2026), e che rischia di trasformarsi in una corsa contro il tempo. E intanto la spesa effettiva, pur arrivata al 72% con l’incasso della settima rata, continua a procedere a rilento rispetto agli obiettivi.

Ma la vera domanda è: perché si è arrivati a questo punto?

Il governo Meloni, fin dall’inizio, ha scelto di mettere in discussione l’impianto originario del Piano, promettendo semplificazioni e razionalizzazioni. Il risultato è stato l’opposto: ritardi, incertezze, riscritture dell’ultima ora. Nessuna visione strategica, solo logica emergenziale e improvvisazione. E intanto il Paese perde tempo prezioso per modernizzarsi, creare lavoro, ridurre le disuguaglianze.

Il Partito Democratico continuerà a vigilare e a incalzare il governo perché il PNRR torni ad essere un’opportunità storica per cambiare l’Italia e non un’occasione persa per colpa dell’inadeguatezza di chi governa. Su temi cruciali come la sanità, la questione territoriale e il trasporto pubblico, il PD continuerà a fare proposte concrete e a incalzare la maggioranza di destra nell’interesse dei cittadini e del Paese.

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Rapporto ISTAT 2025

Il Rapporto ISTAT 2025 ci consegna l’immagine di un Paese in equilibrio instabile.

L’Italia tiene su alcuni indicatori macroeconomici, ma resta incagliata in fragilità strutturali: una produttività stagnante, salari reali in calo, divari territoriali e di genere drammatici, bassa natalità e un’intera generazione bloccata da precarietà e mancanza di prospettive per il futuro.

Mentre il Governo Meloni alimenta una narrazione trionfale, i dati raccontano tutt’altro: un Paese segnato da disuguaglianze profonde, ritardi cronici e un’inerzia pericolosa.

Dal 2000 al 2024, l’Italia è cresciuta meno di un quarto rispetto alla Spagna, con un PIL reale fermo al +9,3%. Il PIL per occupato è in calo e le retribuzioni medie da lavoro sono oggi inferiori del 7,2% rispetto al 2004. Nel frattempo, quasi 6 milioni di persone vivono in povertà assoluta.

I dati ISTAT mettono in luce un Paese in cui i giovani sono più istruiti ma più poveri.

Il tasso di laureati è aumentato, ma l’ascensore sociale è inceppato. Due terzi dei 18-34enni vivono ancora con i genitori. Non per scelta, ma per salari bassi, affitti inaccessibili e una cronica incertezza economica.

Le donne vivono più a lungo, ma in condizioni peggiori. La conciliazione tra lavoro e vita privata resta, per molte, una corsa a ostacoli quotidiana. Serve un cambio di rotta.

Il Partito Democratico continuerà a incalzare la destra su ogni fronte: lavoro, welfare, giovani, donne, territorio. Noi proponiamo di investire nel lavoro stabile e ben retribuito, non nei voucher e nei mini-contratti. Chiediamo investimenti veri nella scuola pubblica, nell’università e nella formazione continua, un Green Deal che non lasci indietro interi territori, un welfare che sostenga davvero chi è più in difficoltà.

Mentre la destra ignora tutto questo, noi continueremo a lottare ogni giorno perché l’Italia non sia un Paese che abbandona i suoi giovani, le sue donne, e chi ha di meno.

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Festa della Mamma 2025, la maternità in Italia

Questa domenica dovremmo celebrare la Festa della Mamma, ma purtroppo, per troppe madri in Italia, c’è ancora ben poco da festeggiare. Perché essere madri in Italia nel 2025 significa dover combattere ogni giorno per conciliare lavoro e genitorialità, in un Paese che continua a scaricare sulle donne il peso della cura.

Il nuovo rapporto di Save the Children, Le Equilibriste, ci restituisce una fotografia impietosa: il tasso di occupazione delle madri con figli minori è fermo al 58,1%, contro l’86,7% dei padri.

Un divario di quasi 29 punti percentuali che, oltre a rappresentare una disuguaglianza inaccettabile, è un freno strutturale allo sviluppo economico del Paese.

Il report mette in luce le cause che sono sistemiche: servizi educativi per l’infanzia insufficienti, con una copertura nazionale dei nidi che si ferma al 14,2% contro il 33% fissato dagli obiettivi europei; un mercato del lavoro ancora segnato da discriminazioni, precarietà e penalizzazioni legate alla maternità; una cultura aziendale che troppo spesso considera le donne madri come un problema e non come una risorsa.

A tutto questo si somma l’aumento della povertà tra le madri sole: in Italia 1 madre su 5 cresce i figli da sola, e il rischio di esclusione sociale per queste famiglie è altissimo. Come se non bastasse, il carico di cura non retribuito continua a gravare quasi esclusivamente sulle donne, contribuendo al cosiddetto ‘motherhood penalty’ in termini di reddito, carriera e benessere.

Inutile sottolineare come di fronte a questo scenario, occorra un cambio di passo radicale. Il Partito Democratico ha presentato e continua a sostenere in Parlamento proposte concrete per affrontare questo squilibrio. Innanzitutto un piano straordinario per l’infanzia, con investimenti vincolati per ampliare la rete dei nidi pubblici e garantire un accesso gratuito o fortemente calmierato per le fasce più fragili. Un altro tema sul quale ci stiamo battendo è l’estensione e la piena retribuzione dei congedi parentali, riconoscendo la genitorialità come responsabilità condivisa e rimuovendo gli ostacoli economici che oggi colpiscono soprattutto le madri. Infine, abbiamo presentato proposte per
Incentivi strutturali all’occupazione femminile, attraverso decontribuzioni mirate, certificazioni di parità per le imprese, e misure per la flessibilità oraria e il lavoro agile di qualità.
Di fronte all’arretramento culturale e politico di una destra che guarda con nostalgia a un modello di famiglia fondato sulla divisione dei ruoli e sulla marginalizzazione sociale della maternità, noi rilanciamo un’idea diversa di Paese. Un’Italia in cui nessuna donna sia costretta a scegliere tra lavoro e maternità.

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Case rifugio e strutture residenziali specializzate

Nel 2023 sono state oltre 7.700 le persone – donne e minori – accolte in strutture residenziali specializzate e non, a seguito delle violenze subite.

Sono i dati diffusi dall’Istat, che raccontano non solo storie di drammi personali ma anche il coraggio e la determinazione di riprendersi la propria vita e la forza di ricominciare, spesso grazie al sostegno prezioso degli operatori delle Case Rifugio.

Queste strutture rappresentano un presidio vitale per l’autonomia, la sicurezza e la dignità delle donne, e una risposta concreta alla violenza patriarcale.

Sono luoghi in cui operano professioniste qualificate, con percorsi di formazione continua, e dove vengono garantiti servizi multidisciplinari che ogni giorno offrono protezione, orientamento al lavoro, assistenza ai minori, consulenze legali e supporto psicologico.

Il report Istat mette in luce la grave opacità della Lombardia, dove 45 strutture su 145 non hanno risposto all’indagine né fornito i dati che sono fondamentali per costruire politiche pubbliche efficaci.

Un’anomalia che pone una domanda politica chiara: cosa fa la Regione Lombardia per garantire trasparenza e coordinamento? Come si può affrontare un fenomeno così grave come quello della violenza di genere se la stessa amministrazione regionale non è in grado di avere un quadro completo della rete antiviolenza?

La destra che governa la Regione sulle politiche sociali, così come sulla sanità, continua a fare passi indietro, che si traducono in meno servizi e meno servizi di qualità per chi ha più bisogno di aiuto.

Al contrario della Giunta Fontana, noi crediamo in un sistema pubblico forte, con risorse adeguate e una governance seria. Le Case rifugio sono un baluardo di democrazia e meritano tutta l’attenzione politica che oggi in Lombardia manca.

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