Case rifugio e strutture residenziali specializzate
Nel 2023 sono state oltre 7.700 le persone – donne e minori – accolte in strutture residenziali specializzate e non, a seguito delle violenze subite.
Sono i dati diffusi dall’Istat, che raccontano non solo storie di drammi personali ma anche il coraggio e la determinazione di riprendersi la propria vita e la forza di ricominciare, spesso grazie al sostegno prezioso degli operatori delle Case Rifugio.
Queste strutture rappresentano un presidio vitale per l’autonomia, la sicurezza e la dignità delle donne, e una risposta concreta alla violenza patriarcale.
Sono luoghi in cui operano professioniste qualificate, con percorsi di formazione continua, e dove vengono garantiti servizi multidisciplinari che ogni giorno offrono protezione, orientamento al lavoro, assistenza ai minori, consulenze legali e supporto psicologico.
Il report Istat mette in luce la grave opacità della Lombardia, dove 45 strutture su 145 non hanno risposto all’indagine né fornito i dati che sono fondamentali per costruire politiche pubbliche efficaci.
Un’anomalia che pone una domanda politica chiara: cosa fa la Regione Lombardia per garantire trasparenza e coordinamento? Come si può affrontare un fenomeno così grave come quello della violenza di genere se la stessa amministrazione regionale non è in grado di avere un quadro completo della rete antiviolenza?
La destra che governa la Regione sulle politiche sociali, così come sulla sanità, continua a fare passi indietro, che si traducono in meno servizi e meno servizi di qualità per chi ha più bisogno di aiuto.
Al contrario della Giunta Fontana, noi crediamo in un sistema pubblico forte, con risorse adeguate e una governance seria. Le Case rifugio sono un baluardo di democrazia e meritano tutta l’attenzione politica che oggi in Lombardia manca.
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